di
Sergio Bellavita*
Ci
sono accordi che sono destinati a segnare un'intera fase. È stato così per quello della vergogna
alla Fiat di Pomigliano che ha decretato l'affermazione del sistema
derogatorio, corporativo e autoritario e con esso la fine del contratto
nazionale, sistema oggi esteso all'insieme del mondo del lavoro grazie agli
accordi interconfederali riunificati nel testo unico sulla rappresentanza
L'accordo Alitalia si incarica di compiere
quel salto violento nel nuovo sistema di ristrutturazioni. Un salto logico e
coerente con la riscrittura del sistema di welfare, a partire dalla riforma
degli ammortizzatori sociali e dalla cancellazione delle pensioni volute dalla Fornero.
Il combinato disposto della legislazione
degli ultimi anni sta cancellando progressivamente e rapidamente gli spazi
concreti per gestire in maniera soft le pesanti ristrutturazioni aziendali.
Oggi le imprese pretendono e molte volte ottengono i licenziamenti collettivi
si, ma nominativi, cioè costruiti ad hoc per decidere chi licenziare.
Nella
vicenda Alitalia lo spazio per qualche ammortizzatore sociale in più c'era, ma
James Hogan il ceo di Etihad ha preteso e ottenuto, in barba alle mediazioni
del ministro Poletti, i licenziamenti collettivi immediati. I numeri della
barbarie Alitalia sono ben diversi da quelli che snocciola truffando il
ministro Lupi. Certo non sarebbe cambiato il risultato finale dell'accordo se
ci fosse stato qualche mese di cassa integrazione ad accompagnare mestamente i
licenziamenti, sebbene non si debba mai sottovalutare il valore per un lavoratore
di uno o due anni di reddito in più in questa fase. Tuttavia senza
ammortizzatore alcuno. Il segno che anche sul terreno occupazionale si vuole
imporre la cancellazione di mediazioni e liturgie. Le stesse che hanno reso
possibile negli ultimi 23 anni la gestione di milioni di esuberi con i diversi
strumenti di accompagnamento lasciando al sindacato lo spazio angusto e inaccettabile
di accompagnare i processi di ristrutturazione che hanno decimato l'industria
nazionale in maniera soft. Non a caso nel 1991 di fronte all'approvazione della
legge 223 sulla mobilità che avviava e autorizzava un'ondata impetuosa di
licenziamenti nell'industria si ebbe la fiera opposizione della parte più cosciente
del sindacalismo italiano. Oggi
quel “ricco” sistema di ammortizzatori sociali è stato cancellato a favore
della dura legge del mercato e del potere aziendale. Le ristrutturazioni proseguiranno
e si intensificheranno e saranno sempre più brutali. Per queste ragioni
l'accordo Alitalia ha un valore generale ed è destinato a segnare un'intera
fase sindacale.
Abbiamo chiesto alla segreteria nazionale della Cgil di
convocare un direttivo perché la vicenda Alitalia deve essere discussa nel
massimo organismo dirigente. Bene ha fatto la Camusso a non firmare e ciò non
era scontato. Ma la non firma, condizione indispensabile, non è sufficiente. Bisogna
organizzare una risposta adeguata al vergognoso accordo sottoscritto da Cisl
Uil e Ugl che arriva a imporre al singolo lavoratore l'accettazione formale dell'intesa
e la rinunzia ad ogni azione legale. In primo luogo perché Lupi, sempre il
ministro della Tav, ha ridicolizzato la non firma della Cgil sostenendo che
l'accordo è valido comunque. Ma soprattutto perché bisogna ridefinire una nuova
strategia di fronte a questo salto di qualità. Bisogna dire basta alla vergognosa
rincorsa al governo per le risorse sulla cassa integrazione in deroga.
L'Istat
ha certificato quello che tutti sappiamo da tempo. Parte grande della
popolazione sta scivolando verso la povertà assoluta, compresi coloro che un
lavoro ancora lo hanno. Una situazione intollerabile che impone al sindacato
una dura autocritica e la ridefinizione di una nuova linea contrattuale e
rivendicativa. L'autunno si preannuncia caldo, speriamo rovente. Dal mondo
della scuola ai lavoratori della sanità passando per la possibile mobilitazione
dei pubblici dipendenti ci sono tutte le condizioni per lavorare alla ripresa
di un conflitto di massa nel nostro paese.
Se
c'è un messaggio che prevale su tutti gli altri nella vicenda Alitalia è la
fine di ogni spazio concertativo per il sindacato. Cisl Uil e Ugl hanno deciso
di ingoiare l'amara medicina per i lavoratori dichiarando tutta la loro servile
accondiscendenza. L'altro spazio possibile è quello del sindacalismo
conflittuale e democratico che risponde ai bisogni dei lavoratori. In mezzo non
c'è nulla.
*portavoce
area Opposizione Cgil