venerdì 25 aprile 2014

Il saccheggio della Grecia

di Dimitri Deliolanes

poco meno di due milioni di disoccupati, il 62% dei giovani senza alcuna prospettiva di lavoro, tre milioni senza assistenza medica, 750 mila sotto la soglia di povertà. Ecco la grande “success story” dell’Europa dell’austerità. Saccheggio selvaggio, miseria e perenne dipendenza dai creditori stranieri. Nessuna strategia di sviluppo mentre le condizioni della popolazione non fanno che peggiorare

L’austerità funziona e sta dando risultati. Su questa parola d’ordine si sta giocando la partita per le elezioni europee. Al centro dello scontro, di nuovo, c’è la Grecia, il paese cavia delle politiche imposte dalla Germania e dal Fondo Monetario Internazionale.
Lo show pubblicitario è partito il 10 aprile, con l’improvviso ritorno dei bond greci sui mercati finanziari. Fino a quel momento, il ministro delle Finanze greco Yannis Stournaras assicurava che i tempi sarebbero stati molto più lunghi. Il premier Antonis Smaras ha invece voluto premere l’acceleratore e così l’immissione è stata fatta all’istante: obbligazioni di diritto britannico a scadenza quinquennale per 2,5 miliardi a un tasso di 4,75%. Un vero affare per gli investitori, garantiti dal fatto che lo stato greco non può procedere a nuovi haircut. Un nuovo aggravio di più di 700 milioni per il già pesante debito greco.
Ma non era solo questa la freccia nell’arco del governo greco. Il presunto risanamento delle finanze pubbliche avrebbe raggiunto per la prima volta nel 2013 un surplus primario. Poco più di un miliardo e mezzo, ma tanto basta per segnalare “l’inversione di tendenza”. Di nuovo campane in festa nei media europei ma per i greci è una beffa amara: tutti sanno che quest’obiettivo è stato raggiunto sospendendo tutti i pagamenti dello stato fin dalla fine del 2011: più di 4,5 miliardi di tasse da restituire, 5 miliardi i debiti dello stato verso fornitori, 1,2 miliardi di pensioni non elargite.

Ai toni trionfalistici del governo greco si è aggiunta la cancelliera Merkel, in visita per poche ore ad Atene l’11 aprile per sostenere e avallare i successi del suo allievo prediletto. “La Grecia ha fatto i compiti”, ha dichiarato la cancelliera, aggiungendo però che “molto rimane da fare”. Rimane ancora “da fare” quanto concordato a marzo con la troika (FMI, BCE, Commissione Europea) e poi approvato in un testo di più di 750 pagine diviso in due articoli dal Parlamento greco con una maggioranza da crepacuore: 151 sì (su un totale di 300) per il primo articolo, 152 per il secondo.
È previsto il licenziamento di altri 25 mila impiegati dello stato entro la fine del 2014 (in sostanza significa chiudere altri ospedali e altre scuole), viene protratta l’imposta sulla prima casa e si prevede anche la confisca per chi non la versa, vengono sbloccate le aste giudiziarie per i mutui in sospeso per le prime case e vengono tassati perfino gli appezzamenti agricoli, anche quelli non produttivi. Poi c’è il grande capitolo delle privatizzazioni: al primo posto le società dell’acqua di Atene e di Salonicco, la società elettrica, le due società del gas e tanti immobili.
L’enorme parco del vecchio aeroporto di Ellinikon, pochi kilometri fuori Atene, è stato già venduto per 915 milioni per costruirci casinò e centri commerciali. La prospettiva, ha commentato compiaciuto il premier, è di trasformare tutta la litoranea che va da Falero verso capo Sunion con albergoni e case da gioco. Primi aquirenti le multinazionali tedesche associate con oligarchi locali. I russi, che hanno mostrato interesse verso le società del gas, sono stati bocciati dalla troika, malgrado la loro offerta fosse di gran lunga la migliore. Da tutte queste svendite si calcola di incassare circa 18 miliardi entro il 2015 e un’altra ventina negli anni seguenti. Briciole di fronte ai 340 miliardi del debito greco, il 175% del PIL.
Ecco la grande success story dell’Europa dell’austerità. Saccheggio selvaggio, miseria e perenne dipendenza dai creditori stranieri. Nessuna strategia di sviluppo mentre le condizioni della popolazione non fanno che peggiorare: poco meno di due milioni di disoccupati, il 62% dei giovani senza alcuna prospettiva di lavoro, tre milioni senza assistenza medica, 750 mila sotto la soglia di povertà. Era stato promesso un “aumento della competitività” riducendo il costo del lavoro ai livelli turchi.
Ma l’unica cosa che si è ottenuta è un regime autoritario, quello sì molto simile al modello turco. L’austerità esige un attacco diretto contro la democrazia: svalutare sistematicamente le procedure parlamentari, violare la Costituzione, repressione poliziesca, squadrismo nazista e spudorata disinformazione dei media. Non c’è che dire, la Merkel e la pessima Commissione uscente hanno fatto proprio un bel lavoro.