di
Dimitri
Deliolanes
poco meno
di due milioni di disoccupati, il 62% dei giovani senza alcuna prospettiva di
lavoro, tre milioni senza assistenza medica, 750 mila sotto la soglia di
povertà. Ecco la grande “success story” dell’Europa dell’austerità.
Saccheggio selvaggio, miseria e perenne dipendenza dai creditori stranieri.
Nessuna strategia di sviluppo mentre le condizioni della popolazione non fanno
che peggiorare
L’austerità
funziona e sta dando risultati. Su questa parola d’ordine si sta giocando la
partita per le elezioni europee. Al centro dello scontro, di nuovo, c’è la
Grecia, il paese cavia delle politiche imposte dalla Germania e dal Fondo
Monetario Internazionale.
Lo
show pubblicitario è partito il 10 aprile, con l’improvviso ritorno dei bond
greci sui mercati finanziari. Fino a quel momento, il ministro delle Finanze
greco Yannis Stournaras assicurava che i tempi sarebbero stati molto più
lunghi. Il premier Antonis Smaras ha invece voluto premere l’acceleratore e
così l’immissione è stata fatta all’istante: obbligazioni di diritto britannico
a scadenza quinquennale per 2,5 miliardi a un tasso di 4,75%. Un vero affare
per gli investitori, garantiti dal fatto che lo stato greco non può procedere a
nuovi haircut. Un nuovo aggravio di più di 700 milioni per il già pesante
debito greco.
Ma
non era solo questa la freccia nell’arco del governo greco. Il presunto
risanamento delle finanze pubbliche avrebbe raggiunto per la prima volta nel
2013 un surplus primario. Poco più di un miliardo e mezzo, ma tanto basta per
segnalare “l’inversione di tendenza”. Di nuovo campane in festa nei media
europei ma per i greci è una beffa amara: tutti sanno che quest’obiettivo è stato
raggiunto sospendendo tutti i pagamenti dello stato fin dalla fine del 2011:
più di 4,5 miliardi di tasse da restituire, 5 miliardi i debiti dello stato
verso fornitori, 1,2 miliardi di pensioni non elargite.
Ai
toni trionfalistici del governo greco si è aggiunta la cancelliera Merkel, in
visita per poche ore ad Atene l’11 aprile per sostenere e avallare i successi
del suo allievo prediletto. “La Grecia ha fatto i compiti”, ha dichiarato la
cancelliera, aggiungendo però che “molto rimane da fare”. Rimane ancora “da
fare” quanto concordato a marzo con la troika (FMI, BCE, Commissione Europea) e
poi approvato in un testo di più di 750 pagine diviso in due articoli dal
Parlamento greco con una maggioranza da crepacuore: 151 sì (su un totale di
300) per il primo articolo, 152 per il secondo.
È
previsto il licenziamento di altri 25 mila impiegati dello stato entro la fine
del 2014 (in sostanza significa chiudere altri ospedali e altre scuole), viene
protratta l’imposta sulla prima casa e si prevede anche la confisca per chi non
la versa, vengono sbloccate le aste giudiziarie per i mutui in sospeso per le
prime case e vengono tassati perfino gli appezzamenti agricoli, anche quelli
non produttivi. Poi c’è il grande capitolo delle privatizzazioni: al primo
posto le società dell’acqua di Atene e di Salonicco, la società elettrica, le
due società del gas e tanti immobili.
L’enorme
parco del vecchio aeroporto di Ellinikon, pochi kilometri fuori Atene, è stato
già venduto per 915 milioni per costruirci casinò e centri commerciali. La
prospettiva, ha commentato compiaciuto il premier, è di trasformare tutta la
litoranea che va da Falero verso capo Sunion con albergoni e case da gioco.
Primi aquirenti le multinazionali tedesche associate con oligarchi locali. I
russi, che hanno mostrato interesse verso le società del gas, sono stati
bocciati dalla troika, malgrado la loro offerta fosse di gran lunga la
migliore. Da tutte queste svendite si calcola di incassare circa 18 miliardi
entro il 2015 e un’altra ventina negli anni seguenti. Briciole di fronte ai 340
miliardi del debito greco, il 175% del PIL.
Ecco
la grande success story dell’Europa dell’austerità. Saccheggio
selvaggio, miseria e perenne dipendenza dai creditori stranieri. Nessuna
strategia di sviluppo mentre le condizioni della popolazione non fanno che
peggiorare: poco meno di due milioni di disoccupati, il 62% dei giovani senza
alcuna prospettiva di lavoro, tre milioni senza assistenza medica, 750 mila
sotto la soglia di povertà. Era stato promesso un “aumento della competitività”
riducendo il costo del lavoro ai livelli turchi.
Ma
l’unica cosa che si è ottenuta è un regime autoritario, quello sì molto simile
al modello turco. L’austerità esige un attacco diretto contro la democrazia:
svalutare sistematicamente le procedure parlamentari, violare la Costituzione,
repressione poliziesca, squadrismo nazista e spudorata disinformazione dei
media. Non c’è che dire, la Merkel e la pessima Commissione uscente hanno fatto
proprio un bel lavoro.