di Federico Tomasello
Il
meeting è stato promosso dalla
Fundación de los Comunes e dal network
europeo di musei L’Internationale, si
è tenuto principalmente nella suggestiva cornice del museo Reina Sophia, ed ha
più volte posto il problema di unire immaginazione artistica e immaginazione
politica nella costruzione di una nuova idea di Europa
Il nuovo ratto di Europa: è
suggestivo il titolo scelto per l’incontro europeo conclusosi pochi giorni fa a
Madrid (27 febbraio-2 marzo) tanto quanto ambiziosa appare la prospettiva che
esso ha inteso delineare. Un orizzonte fondato su una tesi assai semplice, che
consegna tuttavia un compito estremamente complesso a chi la condivide: un
“golpe finanziario” contro l’Europa ha imposto agli attori protagonisti dell’UE
di abiurare il “sogno” europeista, spetta allora ai movimenti, agli attivisti,
alle esperienze collettive di azione e di pensiero di riaprire tale prospettiva
facendosi promotori di un nuovo processo costituente, radicale e democratico di
integrazione europea, dentro e contro, o meglio oltre le
istituzioni della UE. Di unire dunque le molte pratiche di resistenza che
agiscono dentro lo spazio europeo in un progetto di opposizione contro quelle
recrudescenze sovraniste e nazionaliste e contro quella governance neoliberale
della crisi che solidarmente incarnano i punti di impasse verticale del
progetto di unire l’Europa. Si tratta in qualche modo di affermare
un’evidenza – il ratto d’Europa come fine del progetto di
integrazione per come lo abbiamo conosciuto negli ultimi decenni – e al tempo
stesso la necessità di rompere tale evidenza rifondando quel progetto su basi
radicalmente nuove. Come si vede, piuttosto che una discussione su questa
delicata congiuntura, il meeting spagnolo ambiva a verificare le condizioni di
possibilità dell’apertura di un discorso che può dispiegarsi solo
sull’orizzonte del medio periodo.
Differentemente
da quanto potrebbe accadere in Italia, nella cornice madrilena il termine “movimenti” ha
immediatamente evocato un riferimento forte e preciso: il ciclo di
mobilitazioni che nel 2011 ha attraversato soprattutto le piazze spagnole e
statunitensi rivendicando quell’istanza di democrazia radicale e diretta
restituita dallo slogan We are the 99%. La necessità di
tracciare un bilancio di tali esperienze, elaborare l’esaurimento di quel
ciclo, comprenderne le ragioni profonde e delineare nuove prospettive è certo
uno degli elementi che ha spinto alcuni protagonisti delle acampadas spagnole
a promuovere questo meeting. Più di un intervento ha indicato nella difficoltà
di produrre istituzioni – vale a dire di inventare dispositivi collettivi in
grado di proiettare l’esperienza di questi movimenti al di là dell’evento e
della breve durata – il problema fondamentale di quel ciclo di lotte, mentre la
dimensione europea è stata assunta come lo spazio comune, minimo e decisivo in
cui dispiegare questa nuova istituzionalità. Pur cogliendo tutte le difficoltà
del passaggio che stiamo attraversando, uomini e donne riuniti a Madrid hanno
insomma condiviso anzitutto il rifiuto di assumere le familiari dimensioni
della sovranità nazionale come possibile rifugio dalla violenza della crisi, ed
hanno opposto a questa stanca illusione l’idea che solo sul livello europeo si
può dare una soluzione di continuità nella gestione neoliberale della crisi e
l’attivazione di campagne in grado di porsi, senza esitazione, l’obiettivo di
durare e di vincere. Pertanto il dibattito è stato nutrito anche dalla
testimonianze delle vittorie che talune esperienze di lotta hanno saputo
strappare negli ultimi anni: dai risultati conseguiti sul terreno della bolla
immobiliare e del debito ipotecario dalla Plataforma de Afectados por la
Ipoteca (Ada Colau), a quelli raggiunti, dentro e fuori i luoghi di lavoro,
attraverso l’invenzione di nuovi “modelli” e percorsi di organizzazione di
forme di lavoro migrante e precario negli Stati Uniti, in Olanda e Inghilterra
in settori tradizionalmente non sindacalizzati (Valery Alzaga).
Il
meeting è stato promosso dalla Fundación
de los Comunes e dal network europeo di musei L’Internationale, si
è tenuto principalmente nella suggestiva cornice del museo Reina Sophia, ed ha
più volte posto il problema di unire immaginazione artistica e immaginazione
politica nella costruzione di una nuova idea di Europa. Le due intense giornate
di lavoro di cinque differenti workshops – democrazia, debito, tecnopolitica,
commonfare, produzione culturale – restituiscono la cifra fondamentale di
questo incontro, che ha visto anche sei importanti dibattiti serali – animati,
fra gli altri, da Zdenka Badovinac, Manuel Borja-Villel, Jesús Carrillo,
Montserrat Galcerán, Marina Garcés, Isabell Lorey, Sandro Mezzadra, Carmen Mörsch,
Toni Negri, Bojana Piskur, Ranabir Samaddar, Hilary Wainwright – e si è
concluso con la consueta assemblea plenaria. Il lavoro dei workshops è stato
ampiamente nutrito della lezione “tecnopolitica” del 15M, che ha contribuito a
renderlo più efficace, e non solo grazie all’utilizzo di strumenti tecnici –
come il titanpad e la timeline di Twitter – in grado di rendere la costruzione
del discorso più intellegibile e partecipata. Una Call for ideas (lanciata
a settembre e pubblicata anche su EuroNomade)
ha inteso rendere aperto lo spettro degli oggetti del dibattito, mentre la
costituzione di specifiche liste di discussione per i singoli laboratori ha
permesso, nelle settimane precedenti l’evento, di mettere collettivamente a
fuoco i contenuti di workshops che hanno poi funzionato “a fisarmonica”, sono
cioè stati continuamente scanditi da momenti di approfondimento più diretto e
informale in piccoli gruppi. Tale attenzione alla forma della discussione
rispondeva a uno degli obiettivi centrali del meeting: la messa a punto di
alcune forti nozioni comuni su cui poggiare la costruzione di
spazi e percorsi condivisi sul livello europeo. Le presenti note non intendono
tuttavia proporre una cronaca esaustiva delle quattro giornate – rimando per
questo alla mappa web in calce all’articolo – ma piuttosto
focalizzarsi sui contenuti e le finalità del workshop Democracy, sui
suoi esiti e sulle potenzialità che essi offrono al lavoro cui il torrente
dell’attualità ci chiama per mettere in crisi il nostro presente, vale a dire
per rompere le asfissianti evidenze che vorrebbero il discorso sull’Europa
soffocato fra due alternative altrettanto funeste, la governance tecnocratica
e le nostalgie sovraniste.
Il
rilievo dell’attività del laboratorio Democracy poggia
sull’obiettivo che esso esplicitamente si proponeva: redigere una Carta
per l’Europa. Com’è ovvio, una proposta tanto ambiziosa è stata oggetto di
un intenso dibattito teso anzitutto a definire ciò che questa Carta non intende
rappresentare: non una sorta di “costituzione dal basso” utile a immaginare sul
più classico modello della sovranità moderna una sorta di assemblea
costituente, e neppure un decalogo alternativo di politiche sociali europee. “Strumento” è
stato probabilmente il termine più ricorrente nei tentativi di dare un nome a
ciò che questa Carta ha da essere: un dispositivo estremamente snello,
disponibile, aperto e dinamico da mettere al servizio di un processo costituente di
nuove istituzioni agito da individui e gruppi, singoli e comunità che
condividono un repertorio comune di pratiche e programmi, e che assumono quello
europeo come lo spazio minimo e fondamentale della propria iniziativa.
Proprio
per questo, al cuore del dibattito si è andato immediatamente proiettando il
problema della definizione del “Noi” con cui aprire il preambolo della
Carta, ovvero della messa a fuoco delle coordinate della soggettività che se ne
fa promotrice. Per quanto la tematica possa apparire scontata, uno sguardo più
attento registra nel modo in cui tale nodo è stato affrontato la più
significativa peculiarità del meeting madrileno, e vi scorge il più intenso
elemento di novità. La logica del noi che lì si è cercato di affermare appare
infatti differente da quella dei social forum e di altre coalizioni conosciute
in passato: piuttosto che l’idea della sommatoria e dell’alleanza si è
percepita chiaramente una tensione alla costituzione di un vero e proprio
collettivo in grado di agire direttamente il terreno europeo come spazio di
costruzione di conflitto e istituzioni in cui individui e gruppi possano
immediatamente riconoscersi. Se l’incontro di Madrid abbia raggiunto tale
obiettivo, se questa tensione si sia effettivamente incarnata, ce lo diranno i
mesi a venire e la verifica del processo di “disseminazione” della Carta, ma
certo è valsa la pena di azzardare questo tentativo, il cui esito dipende anche
dalla misura in cui sapremo recepire le istanze emerse dal Nuovo ratto
d’Europa nella nostra agenda.
Il
processo costituente cui la Carta allude è dunque in qualche modo già cominciato
a Madrid dentro questo lavoro di definizione e costituzione di un Noi che
ha rappresentato anche la matrice fondamentale di una discussione vera, in
grado di mettere a tema e affrontare molti dei nodi più spinosi e delle
criticità più profonde che un discorso radicalmente europeista si trova ad
affrontare nel nostro tempo, di farlo però senza mai debordare nei classici
registri del confronto-scontro fra posizioni già date. La necessità di non
confondere l’idea di Europa con le istituzioni della UE, di provincializzarla
nel quadro di un agire politico che mantiene sempre un orizzonte globale, di
non perdere mai di vista il problema dei confini necropolitici della cosiddetta
fortezza Europa e del suo passato coloniale, sono le criticità più radicali che
hanno attraversato il dibattito e che si è cercato di recepire anche nella
stesura della Carta. E tuttavia, nell’intenso confronto che ha animato il
laboratorio è venuta progressivamente maturando la condivisione del presupposto
secondo cui il lo spazio decisivo su cui articolare un discorso sulle
istituzioni, disporre le rivendicazioni dei movimenti e la produzione di reti e
pratiche di trasformazione non possa che essere quello europeo. Alcuni
interventi hanno così sottolineato come l’alternativa cui, pur implicitamente,
alludono alcuni dei discorsi legittimamente critici verso la prospettiva
europeista non possa essere altro che quella delle sovranità nazionali, su cui
in ultima analisi insiste anche lo slogan della “solidarietà internazionale”
(temi ripresi anche nel dibattito fra Mezzadra e Samaddar). Attraverso questa
postura è stato affrontato anche il nodo dei venti di guerra in Ucraina:
piuttosto che produrre un confronto fra le posizioni dei gruppi di provenienza,
l’assemblea – il costituendo noi – ha preferito stringersi
intorno agli attivisti ucraini e affidare loro il compito di redigere la
dichiarazione letta in plenaria.
Riporto
in calce a queste note il Preambolo della Carta, approvato
dall’assemblea finale e teso a sottolineare il carattere aperto e plurale del
noi che si intende costruire a partire dalla comune esperienza nei movimenti
del 2011 e dalla convinzione condivisa che le rovine delle democrazie
rappresentative nazionali non possano in alcun modo rappresentare il “rifugio”
dalla violenza della crisi e della trinità debito-tecnocrazia-austerità. Oltre
alla redazione di tale preambolo, si è giunti alla condivisione di una
struttura di base, di un metodo di lavoro e di un’agenda per la Charter for
Europe 1.0. Cominciamo dalla prima. Si è deciso di individuare nel tema
della democrazia – intesa come processo partecipato di produzione di
istituzioni non rappresentative in grado di restituire alle singolarità
protagonismo sulle dimensioni collettive della propria esistenza –
l’“ombrello”, la griglia analitica generale attraverso cui articolare i quattro
assi fondamentali di cui la Carta si compone, e che
corrispondono con i principali campi di tensione che hanno attraversato il
dibattito determinandone il contenuto.
La
coppia Cittadinanza-confini descrive il primo di tali assi,
teso a delineare non un mero discorso di testimonianza e denuncia, ma a
indicare piuttosto strategie atte a valorizzare le pratiche di autonomia che
insistono sui confini – interni ed esterni – della EU, e anche il carattere
ambivalente del dispositivo della cittadinanza europea. Su questo tema
EuroNomade ha pubblicato un intervento particolarmente
efficace nel sottolineare – attraverso l’esempio dell’iniziativa del governo
belga di espellere cittadini italiani – tanto la crescente centralità del tema
delle migrazioni interne all’Europa, quanto l’opportunità per movimenti e
soggetti sociali di agire anche quei dispositivi giuridici europei che paiono
oggi sotto l’attacco di alcune istituzioni sovrane. Argomento lambito anche dal
secondo asse della nascitura Carta, espresso dalla coppia Commons-Stato e
teso ad affrontare il tema della produzione di nuove istituzionalità del comune
dentro la crisi delle sovranità nazionali. Inteso come trait d’union fra
questo discorso sulle istituzioni e quello economico, il terzo asse si
concentra poi sulla Governance, vale a dire sull’analisi delle pratiche
postdemocratiche di governo che, operando la delegittimazione di fatto dei
sistemi politici nazionali, articolano i processi di riposizionamento del
capitale finanziario globale. La coppia concettuale che meglio riassume i
tratti della grande crisi globale – Debito-reddito – designa
l’oggetto dell’ultimo segmento della Carta, volto ad opporre al ricatto del
debito il tema del diritto alla continuità di reddito come snodo chiave di una
risignificazione della cittadinanza europea e di una comprensione delle nozioni
di valore e ricchezza fondata sulla riproduzione più che sulla produzione (sono
molti i partecipanti al meeting che provenivano dai percorsi
dell’”Euromayday”). Sulla base del preambolo e di questa struttura, si è deciso
di addivenire entro il 20 marzo alla redazione definitiva di un testo snello da
realizzare attraverso un lavoro cooperativo su diversi titanpads che possa
nutrirsi anche dei contributi e delle discussioni che i differenti gruppi
stanno svolgendo sui propri territori (cfr. i riferimenti in calce alla
presente mail).
È
questo l’essenziale del lavoro svolto a Madrid, esso ci consente ora di entrare
in possesso di uno strumento – la Charter for Europe 1.0 –
estremamente prezioso e foriero di inedite potenzialità perché nato dal lavoro
intenso e cooperativo di attivisti, collettivi, intellettuali provenienti da
tutta Europa: il suo destino dipende essenzialmente dai processi di
disseminazione e discussione di questo testo che avranno luogo in molti
territori nei mesi a venire. Ci sentiamo di indicare nella Presentazione del
progetto EuroNomade che avrà luogo venerdì 11 aprile presso
la facoltà di Scienze politiche della Sapienza di Roma un
primo importante momento di discussione italiana della Charter for Europe
1.0. Certo, chi scrive ha fin troppo chiare le difficoltà che un discorso
radicale e democratico teso all’attivazione di un nuovo processo costituente di
integrazione europea incontra oggi anche nei cosiddetti ambiti di movimento, e
misura quotidianamente la difficoltà dell’insediarsi di uno spirito
autenticamente europeista anche negli stanchi rituali delle sinistre nazionali.
Ma assai più forte è la convinzione del carattere irrevocabile di tale processo
– già attivo nelle esperienze migranti e nelle forme di vita di una generazione
che lo ha fatto suo rompendo di fatto, con le proprie biografie stesse, gli
angusti confini degli stati nazionali –, e la percezione di questo cammino come
l’unico in grado di condurci finalmente oltre le paludi del già noto e del già
visto.
Mappa
web del Nuovo ratto d’Europa
1. I promotori:
Fundacion
de los comunes: http://www.fundaciondeloscomunes.net/
L’internationale: http://internacionala.mg-lj.si/index.php
Il
sito del meeting: http://nuevoraptodeeuropa.net/?p=1
2. Il Meeting
-I
video dei dibatti: http://new.livestream.com/museo-reina-sofia/events/2799249
-La
timeline di Twitter: https://twitter.com/search?q=%23AbductionEU&src=hash&f=realtime
-La
cronaca su Facebook: https://www.facebook.com/abductionEU?fref=ts
3. La Carta per l’Europa
3.1 Il Preambolo
We
live in different parts of Europe with different historical, cultural and
political backgrounds. We all continuously arrive in Europe. We share
experiences of social movements and struggles, as well as experiences of
creative political work among our communities, on municipal and national
levels. We have witnessed and participated to the rise of multitudes across the
world in 2011.
In
fact, the European ‘we’, we are talking about here, is unfinished, it is in the
making, it is a performative process of coming together.
In
the wake of the financial crisis we have experienced the violence of austerity,
the attack on established social and labour rights, the spread of poverty and
unemployment in many parts of Europe. We have faced a radical transformation of
the constitutional framework of the EU, which has become more and more the
expression and articulation of capitalist and financial command. At the same
time we have lived through a profound displacement of national constitutional
frameworks, we have learned that they do not provide any effective defence
against the violence of the crisis. In the ruins of representative democracy,
xenophobic chauvinisms, ethnic fundamentalisms, racisms, new and old forms of
fascism proliferate.
We
rise up against all this.
We
want to initiate a different kind of constituent process on the basis of social
and political struggles across the European space. This Charter aims to open up
a process towards a radical political and economic change of Europe focussing
on the safeguarding of life, dignity and democracy. It is a contribution to the
production and creation of the commons, a process of democratic regeneration in
which people are protagonists of their own lives. In the squares and the
networks we have learned something simple that has changed forever our way of
inhabiting the world. We have learned what ‘we’ can achieve together.
We
invite people across and beyond Europe to join us, to contribute to this
charter, to make it live in struggles, imagination, and constituent practices.
3.2 I titanpads per il lavoro
cooperativo in rete
1.
Charter for europe – initial text – chartereuropa.titanpad.com/1
2.
charter for europe – preamble – chartereuropa.titanpad.com/2
3.
charter for europe – democracy as umbrella – chartereuropa.titanpad.com/3
4.
charter for europe – citizenship and border – chartereuropa.titanpad.com/4
5.
charter for europe – commons and state – chartereuropa.titanpad.com/5
6.
charter for europe – governing and governance – chartereuropa.titanpad.com/6
7.
charter for europe – income and debt – chartereuropa.titanpad.com/7
8.
newabductionofeurope – full (disorganised) notes – chartereuropa.titanpad.com/8
9.
newabductionofeurope – initial charter – chartereuropa.titanpad.com/9
10.
newabductionofeurope – list of participants – chartereuropa.titanpad.com/10