da
alfabeta2
si
intensifica il dibattito attorno alla scommessa politica rappresentata dalla
Lista Tsipras alle prossime elezioni europee. Proponiamo gli interventi di
Fumagalli, Bifo e Formenti. L’entusiasmo non è il massimo in nessuno dei tre
interventi. Ma diversamente da quello di Formenti, le cui distanze sono nette,
gli altri due invitano a “sporcarsi le mani”. Noi pensiamo che il sostegno alla
Lista Tsipras possa essere un’opportunità per i militanti del movimento per
favorire il confronto sulla costituente del comune in chiave europea, andando
oltre le logiche cetuali anche della sinistra radicale nostrana: un’altra
Europa è possibile, quella dal basso e della moltitudine
Sulle
elezioni europee di Andrea Fumagalli
Sul
fatto che queste elezioni Europee non modificheranno nulla non è difficile
immaginarlo. Basta una semplice analisi della struttura del biopotere oggi
esistente. L’Euro di Maastricht – così come è stato costruito – è come un manganello
che ti pesta violentemente quando vai in piazza. Prendersela con il e metafora,
uscire dall’Euro) non solo è inutile ma potrebbe dare adito a soluzioni
peggiori (l’uso della pistola?).
Ma
prendersela con il poliziotto che usa il manganello non risolve comunque il
problema. Draghi e la Bce, insieme alla troika, non sono altro che fedeli
esecutori (come lo è il poliziotto zelante, che sempre più spesso, a Genova
2001 come in Grecia oggi, va anche al di là del suo mandato). Il cuore del
problema è l’oligarchia finanziaria a livello globale. È a questo livello,
sfuggevole, non definibile, non immedesimabile in un “nemico” in carne ed ossa
(il padrone) o in una istituzione pseudo-sovrana (lo Stato o l’UE) che occorre
porsi e dal quale occorre partire per poter immaginare scenari diversi e
alternative future. Come scalfire, ridurre, combattere questo potere
finanziario, moderno Golia di fronte a tanti piccoli potenziali David ma
impossibilitati nell’agire?
Sono
possibili circuiti finanziari alternativi in grado di fare “esodo” all’interno
e contro i dispositivi di comando, controllo e ricatto che oggi vengono agiti
contro le popolazioni e le varie moltitudini dell’Europa e del Mondo? Sul blog
di Effimera, è iniziata una discussione su questo tema e sulla possibilità di
pensare, come strumento di contro-potere all’oligarchia finanziaria, un’Istituzione finanziaria del comune e una
moneta del comune, per la cui analisi si rimanda a: http://quaderni.sanprecario.info/category/effimera/comune-reddito-moneta/. Qui si gioca la partita e da qui si
comincia a discutere, come premessa e analisi prepolitica dal cui esito dipende
poi lo sviluppo di forme organizzative, di modelli di comunicazioni e di
rappresentanza che siano adeguate alla posta in gioco e non semplici retaggi di
un passato che oggi non c’è più.
È
facile criticare il tentativo della Lista Tsipras da chi si fregia di fare il
purista (come Formenti) senza preoccuparsi di individuare alcuna alternativa,
perché troppo impegnato a criticare tutto e tutti. Stare seduto sulla
collinetta della purezza potrà pure permettere di osservare le tristi
vicissitudini umane di questi anni, i singulti di reazione, le meschine operazioni
di repressione sociale, l’opportunismo culturale e politico, ecc., ma finché
non si avrà il coraggio di scendere nell’agone, sporcarsi le mani, tentare e
sbagliare, ritentare e risbagliare, nulla cambierà.
La
Lista Tsipras è uno di questi tentativi, probabilmente il meno adeguato per noi
in Italia, probabilmente importante per la Grecia dove gli equilibri politici
sono diversi, ma credo che sia un tentativo che possa essere laicamente fatto.
Purché non sia l’unica proposta in campo e non sia a sua volta il prodotto
della triste nomenklatura che ha portato alla morte la sinistra radicale
italiana.
Ciò
che conta, infatti, a partire dalla critica del presente, è la ricerca di una
prospettiva per il futuro. Questo obiettivo – qui da noi (può essere diverso in
altre parti del mondo) – non può essere solo pensato all’interno
dell’istituzionalizzazione (elettorale) della necessità di trasformazione
radicale che il presente ci impone (in quanto si sviluppa su un terreno, quello
istituzionale, che non lo consente), ma non lo è neanche all’interno di una
ideologia pura sganciata dalla praxis e
autoreferenziale.
Perché voteremo per la
lista Tsipras di Franco Berardi Bifo
Qual è l’orizzonte in cui
si colloca la lista Tsipras che nasce in questi giorni e si presenterà alle elezioni
europee di maggio? In quale contesto
opera, quali obiettivi potrà proporsi? Negli ultimi cinque anni l’aggressione
del capitalismo finanziario ha prodotto un cambiamento profondo nelle
condizioni di vita della popolazione europea, e soprattutto un mutamento nella
percezione di ciò che l’Unione europea rappresenta.
L’Unione che nacque come
progetto di pace e di solidarietà è stata trasformata da Maastricht in poi in
un progetto di sottomissione della società agli interessi del ceto finanziario.
La crisi del 2008 ha offerto l’occasione per l’assalto finale contro la civiltà
sociale che il movimento operaio ha costruito nei cento anni della sua storia,
e contro i diritti dei lavoratori. La prospettiva politica su cui l’unione
fondava il suo progetto è stata stravolta a tal punto che Europa è diventata
una parola maledetta per un numero crescente di persone. Se questa spirale di
impoverimento e di odio non si spezza, il punto d’arrivo è la guerra.
E la guerra già suona le
trombe alle porte d’Europa. Clamorosamente alla frontiera orientale, dove si
annuncia la guerra tra Russia ed Europa, ma anche a occidente dove la
repubblica catalana promette secessione. E alla frontiera meridionale dove
diecimila cadaveri galleggiano sul canale di Sicilia. In alcuni aree l’effetto
della violenza finanziaria è oggi visibile a occhio nudo.
Secondo Lancet, la
più autorevole rivista medica del mondo, quella che si sta verificando in
Grecia è una strage degli innocenti: per effetto delle misure di “risanamento”
imposte dalla Banca Centrale europea e dal governo tedesco la mortalità
infantile è quasi raddoppiata negli ultimi anni. Il numero dei bambini che
nasce sottopeso è cresciuto del 19 per cento, il numero dei bambini nati morti
è cresciuto del 20 per cento poiché le prestazioni mediche prenatali costano
troppo. I tagli nelle forniture di siringhe monouso e profilattici per i
tossicodipendenti ha fatto crescere le infezioni di Aids da 5 nel 2009 a 484
nel breve volgere di tre anni. I diabetici debbono scegliere tra comprare
insulina che gli permette di sopravvivere alla malattia, o comprare cibo e
sopravvivere alla fame.
Se in Grecia il
risanamento sta già producendo effetti paragonabili a quelli di una guerra, in
Italia i livelli di consumo e la qualità della vita quotidiana hanno finora
subito una flessione meno dirompente: un quarto del sistema industriale è in
via di smantellamento, la disoccupazione oscilla intorno al 14%. Sono poste le
condizioni per un impoverimento di lungo periodo, e il patto di stabilità
prevede per i prossimi anni uno spostamento prolungato e gigantesco di reddito
dalla società verso il sistema finanziario.
È possibile fermare
questa tendenza assassina con gli strumenti tradizionali dell’azione democratica?
Possiamo attenderci che la lista Tsipras possa fermare la devastazione? Io
credo di no. Proporsi questo obiettivo sarebbe illusorio, ed è bene saperlo. È
troppo tardi per fermare la catastrofe, e gli strumenti dell’azione democratica
sono da tempo inefficaci. A spazzare via ogni equivoco su questo punto è stato
lo stesso Presidente della Banca Centrale Europea. Prima di diventare
presidente della Banca Centrale europea Mario Draghi era stato consulente della
banca d’affari Goldmann Sachs, e in quella veste contribuì a confezionare le
falsificazioni che hanno portato la Grecia nell’abisso, facendo scattare la
trappola in cui il popolo greco è stato imprigionato.
Questo signore dai modi
raffinati ha detto che le politiche economiche europee non le decidono le
elezioni ma il pilota automatico del sistema finanziario. E se qualcuno avesse
dubbi sull’inesorabile logica del pilota automatico, pensi alla parabola di
François Hollande che fece la sua campagna elettorale promettendo un
cambiamento delle regole europee, per poi piegarsi senza fiatare alle misure
che pure aveva promesso di contrastare. Nei prossimi mesi, possiamo starne
certi, i partiti che governano in Italia faranno campagna contro le misure
austeritarie dimenticando di averle approvate e di esserne del tutto
responsabili. Come vassalli recalcitranti i governanti d’Europa meridionale
tengono infatti un duplice discorso: quando parlano ai loro sudditi promettono
di resistere alla severità tedesca, e ripetono come un mantra la parola
“crescita”, ma quando si tratta di rispondere ai guardiani delle inesorabili
leggi della finanza tengono gli occhi bassi e sono obbedienti come scolaretti.
È bene dissolvere ogni
equivoco su questo punto: nello spazio dell’euro la democrazia è stata revocata
e la volontà degli elettori è sistematicamente violata da coloro stessi che gli
elettori hanno eletto, perché vige una legge superiore. Ed è bene dissipare un
secondo equivoco, quello sulla ripresa e sulla crescita. La ripresa che
promettono non ha niente a che fare con un miglioramento delle condizioni di
vita dei lavoratori. La chiamano infatti jobless recovery: un aumento del
prodotto nazionale senza aumento dell’occupazione, senza aumento dei salari,
senza miglioramento dei servizi. La ripresa di cui parlano gli economisti
presuppone la cosiddetta riforma strutturale: privatizzazione di quel che
ancora non è privatizzato, riduzione dei costi del lavoro, peggioramento dei
servizi sociali, eliminazione definitiva di ogni protezione dei lavoratori.
Questa catastrofe non è un pericolo lontano, ma un processo che si sta
dispiegando.
Dunque perché votare per
la lista Tsipras? Una pattuglia di parlamentari che vengano dai movimenti
sociali, dal mondo del lavoro e dalla scuola, una pattuglia di persone
consapevoli della devastazione prodotta dal finanzismo neoliberista, non potrà
evitare che si compia un processo ormai profondamente incardinato nel futuro
della società europea. Il problema è già un altro, e si delinea come progetto
di lungo periodo: il compito che la lista Tsipras può affrontare è creare le
condizioni per ricostruire dal basso l’Unione europea, per la sopravvivenza
sociale fuori e contro la dinamica assassina del capitalismo finanziario.
Questa è la ragione per
cui io voterò per la lista Tsipras. Non perché si fermi la catastrofe in corso,
ma perché nella catastrofe si apra la strada a un nuovo modello di relazione
tra il lavoro e il sapere, tra il lavoro e la tecnologia. Una strada che sia
libera dal peso della classe dei predoni finanziari. Costoro stanno conducendo
una guerra contro la società europea, e la stanno vincendo. Smettiamo di farci
illusioni: un’affermazione della lista Tsipras alle elezioni di maggio è solo
l’inizio di un esodo di massa, fuori da questa guerra, fuori da questo massacro
sociale. Finora ci sono state lotte sporadiche contro la devastazione
finanzista: esplosioni di rabbia isolata, e perfino un’estesa ondata di
occupazioni nella Spagna del 2011. Ma in assenza di un progetto strategico
comune, in assenza di un movimento sociale unitario le lotte non fermano gli
aggressori e non aprono alcuna strada nuova.
Il popolo greco ha
disperatamente cercato di fermare il massacro, nell’isolamento e nella
solitudine. La paura ha prevalso, e mentre la troika massacrava il venti per
cento dei neonati greci, i popoli europei fingevano di non sapere cosa
accadesse in Grecia, come un tempo gli abitanti delle città tedesche fingevano
di non sapere cosa accadesse nei campi costruiti appena fuori delle mura
cittadine. Ma le lotte difensive sono destinate alla sconfitta, perché non c’è
più niente da difendere, il flagello è già qui, e le condizioni perché il
flagello dilaghi sono già ben piantate su tutto il territorio del continente.
Il progetto cui dobbiamo lavorare è quello della fuoriuscita dalla forma che il
capitalismo finanziario e l’ideologia neoliberista hanno imposto alla società
europea.
Questo processo di
fuoruscita potrà prendere forma se la lista Tsipras avrà una forte affermazione
alle elezioni di maggio, e sarà un processo di disobbedienza e di insolvenza
generalizzato, un processo di ricostruzione dal basso dell’unione europea, come
spazio della solidarietà sociale.
Lettera aperta ai compagni della sinistra
radicale sulle elezioni europee di Carlo Formenti
Dire che la Lista per Tsipras, così come viene configurandosi, rischia di essere un’ennesima
occasione mancata per rilanciare una sinistra italiana degna di questo nome è
un eufemismo. Quello che si sta prospettando è una sorta di Ingroia2, o
Arcobaleno3, affiancato da un’area neoliberale rappresentata dal “Partito dei
Professori” di ALBA e da alcuni intellettuali (come Barbara Spinelli e Paolo
Flores D’Arcais) che fanno capo a testate come Micromega e il Fatto Quotidiano.
Ma non si voleva arrivare
appunto a una lista unitaria in grado di proiettarsi al di là delle vecchie
coalizioni dei partitini della sinistra radicale? Sì, ma l’idea era che questo
progetto unitario conservasse chiari tratti di sinistra e incarnasse una forte scelta
politica contro questa Europa, espressione antidemocratica degli interessi del
capitale finanziario globale. Di tutto questo non mi pare resti traccia alcuna,
a partire dal simbolo, una sorta di tappo di bottiglia, da cui è stata espunta
persino la parola sinistra (a scanso di ogni equivoco, caso mai qualcuno ancora
nutrisse illusioni in merito) e nel quale l’unica connotazione ideologica è
affidata al nome del leader (si sa, siamo in tempi di personalizzazione della
politica) e al colore rosso dello sfondo sul quale il nome si staglia.
Ma ad apparire
intollerabili sono soprattutto altri due fatti: 1) l’idea di Europa che emerge
dal dibattito politico fra i promotori della lista; 2) la discussione sulle
modalità di scelta dei candidati. I primi segnali di un “sequestro” del
dibattito su quale Europa vorremmo al posto di quella della BCE e della Troika,
si sono avuti con la “discesa in campo” di Vendola e Sel, cui si sono
affiancati, pur non appoggiando (almeno finora) esplicitamente la candidatura
Tsipras, autorevoli esponenti della sinistra Pd, come Fassina e Civati che, in
dialogo con la Spinelli e Gianni Alfonso, prospettano l’idea di una “terza
via”, né mercatista né euroscettica.
Da qualche decennio
(Blair docet) abbiamo sperimentato sulla nostra pelle dove portino le “terze
vie”; nel caso in questione credo portino a far smarrire ai cittadini europei
la consapevolezza che tanto le attuali istituzioni quanto l’attuale
configurazione del sistema produttivo e finanziario europei sono irriformabili,
e che, se si vogliono difendere gli interessi delle classi subalterne, questa
Europa può solo essere distrutta per costruirne dal basso un’altra sulle sue
ceneri. Ma questi, si sa, sono pericolosi discorsi sovversivi, cui nessuno dei
Professori che hanno preso saldamente in pugno le redini del progetto desidera
lasciare spazio. Quindi, per evitare falle nel dispositivo, occorre stabilire
un ferreo controllo anche sulla scelta dei candidati, e qui veniamo al secondo
punto.
Il testo (se ho ben
capito redatto da Guido Viale per conto di ALBA) che fissa alcuni punti di
principio in merito è un vero capolavoro di ipocrisia. Dopo i soliti peana
sulla democrazia dal basso e sul ruolo dei movimenti (che però non sono mai
convocati a parlare in prima persona) si dice che vanno accuratamente evitate
soluzioni assembleari, primarie e quant’altro perché “manipolabili” dai
partitini (cioè i professori si arrogano il diritto di vegliare sulla
democrazia perché non “divori se stessa?”). Poi vengono fissati criteri
rigorosamente antipartitici in onore al sentimento populista diffuso – tanto
per far vedere che non si è da meno di 5Stelle – dove non è difficile capire
che, quando si parla di non ricadere nel minoritarismo, il vero bersaglio sono
le sinistre radicali e antagoniste più che l’idea di partito in sé. Quindi no a
chi abbia ricoperto cariche istituzionali o ruoli politici all’interno di
questo o quel partito. Unica eccezione i sindaci.
E perché mai?! Non siamo
pieni di sindaci sotto inchiesta per collusione con la mafia, corruzione e
quant’altro, esiste forse un solo motivo perché i sindaci debbano essere
apriori considerati più affidabili degli altri politici (che non sia mera
demagogia populista: sono più “vicini” agli elettori e consimili banalità). E i
criteri in positivo? Quelli delle macchine elettorali che ormai mettono tutti
d’accordo, in onore delle esigenze di spettacolarizzazione/ personalizzazione
della politica: scegliere “nomi forti” che possano attrarre il maggior numero
di voti possibile. Proviamo a riassumere. Chi c’è dentro questo progetto?
Un’alleanza fra
Professori e intellettuali europeisti che è un curioso miscuglio di populismo
di sinistra e riformismo socialdemocratico; i resti compressi e messi in un
angolo dei partiti della sinistra radicale e un po’ di nouveaux philosophes
postoperaisti felicemente avviati ad arruolarsi nel campo degli europeisti
liberali di sinistra: Negri e Casarini (che per la verità non è philosophe né
nouveau) hanno già dato il loro appoggio, e da poco si è aggiunto il mio vecchio
amico Franco Bifo Berardi che, secondo quanto leggo in una mail che mi invita a
sostenerne la candidatura, avrebbe accettato di impegnarsi solo dietro
insistenze dei compagni e per “spirito di servizio” nei confronti dei movimenti
(ho riso per mezz’ora leggendo quella formula da vecchio notabile Dc che
sicuramente gli è stata indebitamente attribuita, nel senso che avrebbe potuto
usarla solo per provocazione dadaista).
Una bella ammucchiata da
far impallidire tutti i vecchi Arcobaleni e che, temo, avrà scarso appeal nei
confronti degli elettori delle classi subalterne incazzati con l’Europa i
quali, di fronte a questo pasticcio, saranno fortemente tentati di astenersi o
di votare per Grillo. A meno che i compagni dei movimenti trovino le energie
per entrare con i piedi nel piatto dei professori e imporre candidature che
siano riconoscibili non in quanto “nomi eccellenti” ma in quanto bandiere delle
lotte.