di Elia Rosati
Breve storia dell'Amburgo ribelle: tra memorie di lotte operaie,
gentrification, squat e autonomen, la curva del St. Pauli, fino alle ultime
settimane di rivolte
Amburgo
è una città centrale per la Germania contemporanea e per l'Europa.
Suo,
in Patria, il secondo posto, dopo la capitale Berlino, in quasi tutte gli
indici statistici; ma per l'aspetto socio-economico le spetta, da meno di un
decennio, l'incontrastato primato nazionale.
Vi
hanno sede il settimanale liberale Der Spiegel (il più letto ed influente della
nazione), il riformista Die Zeit (il grande sostenitore delle Grosse Koalition)
e Stern, mentre il suo comparto industriale vanta il meglio dell'industria
aerospaziale continentale (Airbus) e una altissima densità di filiali europee
della “Nasdaq-industrie” da Google ad Adobe.
Suo
il polo universitario con più studenti della Germania ma anche il più alto
reddito pro-capite, secondo le statistiche federali della primavera 2012; circa
il doppio degli standard europei.
Un
primato quest'ultimo strappato recentemente alla odiatissima Monaco, capitale
della Baviera, per decenni la macro-regione più produttiva e ricca del Paese.
La
città, quasi completamente distrutta dai bombardamenti alleati del 1943-1944,
venne ricostruita nel dopoguerra: a gestire tutto l'Spd che ne fece “Amburgo la
rossa”, utilizzando i larghissimi poteri giurisdizionali dell'essere
città-stato e un governo monocolore socialdemocratico (condiviso solo, ad
inizio degli anni '80, con gli appena nati Verdi) e durato ininterrottamente
dal 1947 al 2001, e dal 2011 a oggi.
Ma
il vero motore della ricchezza di Amburgo, da sempre, dai tempi della Lega
Anseatica, è il fiume Elba, sulla cui foce si estende la città; da metà anni
2000, il terzo porto in Europa, uno dei primi otto al mondo.
La
borghesia cittadina è abituata a sgomitare, da secoli, su tutti i mercati
internazionali, senza scegliersi partner commerciali fissi; ma pur nella sua
colta agiatezza, la città mantiene una opulenza discreta, quasi nascosta.
A
ben vedere sembra quasi che la struttura marittimo-commerciale, con la sua
distesa di banchine, aree di stoccaggio e deposito container, cantieri navali e
magazzini, occupi un po' tutta la città.
Un'area
metropolitana che continua ad espandersi e che conta oggi una popolazione di
circa quattro milioni e mezzo di persone, a fronte dei soli, si fa per dire,
due milioni dell'immediato post-riunificazione.
Una
riorganizzazione ed una crescita urbana rapida e drastica, guidata dal Senato
di Amburgo con pugno di ferro, da sempre; quasi una specialità locale.
Ma
in parallelo la storia ribelle della città, è anch'essa antica e potente: qui
venne stampata la prima edizione del Capitale di Marx e nelle sue strade crebbe
e fu attivo politicamente Ernst Thälmann, il grande agitatore e leader
carismatico del Partito Comunista Tedesco tra gli anni '20 e '30.
Le
barricate, in effetti, sono un'altra tradizione locale, come nelle agitazioni
dei portuali dei primi del '900, nella grande diserzione dei marinai che
rovesciò il Kaiser o nell'insurrezione operaia del 1923 quando la città
resistette per giorni all'esercito, con una accesa guerriglia nella parte
vecchia, a cavallo dell'Elba e dei suoi canali.
Le
due facce di Amburgo: la raffinata città della borghesia commerciale anseatica
ma anche “un luogo di diserzione, un incrocio di pericolosi miscugli” tipico
dei porti, per citare il Foucault di Sorvegliare e Punire.
I pirati dell'Elba (gli anni '80)
Occorre
però fare un passo indietro, quando il progetto della Amburgo di oggi
cominciava la sua gestazione e la città era ancora un grosso scalo merci con un
importante comparto industriale meccanico e un corposo terziario, soprattutto
nel settore assicurativo.
Era
l'inizio degli anni '80 e la città anseatica, nonostante la feroce repressione
del dopo “autunno tedesco”, rappresentava la centrale del movimento autonomo di
occupazione di case capace nei centralissimi quartieri di St. Pauli, Altona,
Hohenfelde, di creare per lungo tempo delle vere e proprio zone liberate.
Dai
primissimi anni '70 fino alla fine degli anni '80 continuava, infatti,
ininterrottamente, l'occupazione di abitazioni e locali appartenenti al SAGA,
l'ente di edilizia pubblica; spesso intere strade di fatiscenti palazzine,
autorecuperate, divenivano luogo di sperimentazione politica e culturale.
Sono
gli anni degli autonomen, del punk-anarchico degli Slime e della straordinaria
scena undergrund tedesca occidentale e Amburgo ne è, con Berlino-Ovest,
l'indiscussa capitale.
In
particolare nella zona delle banchine, nel distretto di Mitte (“centro”) sulla
sponda nord del fiume si sviluppano vere e proprio “comunità di vita
alternativa” come quella di Hafenstrasse, un intero isolato a St. Pauli in riva
all'Elba, con le sue “cucine popolari”, i suoi concerti punk/hardcore di fama
internazionale, i suoi laboratori di teatro-sperimentale, i progetti di
auto-recupero e le mille iniziative anti-atomiche e anti-militariste.
Questa
vera e propria esplosione di occupazioni nella zona di Mitte provocò una feroce
e accanita politica di sgomberi da parte del governo cittadino Spd, spesso
ambiguamente aiutato dai Verdi fautori di parziali legalizzazioni a fronte di
un cedimento nella resistenza agli sgomberi.
In
prima fila il senatore socialdemocratico Eugen Wagner, ex-presidente del
distretto centro della città, e feroce nemico “dell'illegalità della sinistra
extraparlamentare”, più volte raffigurato con il manganello ed il casco da
poliziotto nei manifesti satirici degli autonomen.
Compatta
e potente fu la risposta dei movimenti, sempre attenta però ad instaurare un
piano vertenziale con il Senato amburghese, senza mai mollare sulla
salvaguardia dell'autogestione e sulla difesa militante dalle occupazioni.
Altrettanto
serrata fu la vigilanza antifascista, visti gli attacchi incendiari ad opera di
bande neonaziste e le continue provocazioni poliziesche.
Il
movimento capì che la difesa di Hafenstrasse costituiva un dato
politico-simbolico, era in gioco il futuro di tutte le occupazioni della città
e per certi versi del Paese: il braccio di ferro con il borgomastro
socialdemocratico Klaus Dohananyi fu durissimo e tra il 1986 ed il 1987 la riva
destra dell'Elba vide più volte barricate in fiamme, scontri con la polzia ed
enormi cortei scuri attraversare la città. Il conto fu salato dal punto di
vista repressivo, ma il complesso centrale delal cittadella autonoma sulla
banchina dell'Elba resistette ed esiste ancora.
È
in questo contesto che nel 1989 viene occupato, a Sternschanze un quadrante
poco a nord di St. Pauli, un teatro d'opera di fine ottocento, dismesso da
anni, il Flora-Theater, ribattezzato Rote Flora: una nuova centrale per la
scena autonoma della città.
È
la fine di un decennio in cui Amburgo si
è riempita di giovani squatter da tutta Europa e che ha rappresentato un
momento di produzione controculturale importante anche in settori come la
comunicazione, la grafica e la musica; in parallelo ma in modo convergente con
la scena anarco-autonoma nord europea: dall'Amsterdam dei Kraker alla
Copenhagen dell'Ungdomshuset, alle occupazioni di Stoccolma e Mälmo.
Contagiata
da questo clima sociale, sempre a St. Pauli, nel piccolo e fatiscente stadio di
quartiere, in una traversa di Budapester Strasse, i “supporters pirati” di una
vecchia polisportiva, divennero una delle prime tifoseria antirazziste
d'Europa.
Una
realtà che aldilà dello sport ha saputo creare una dimensione di alterità nel
mondo del tifo, con un azionariato popolare da ventimila iscritti e una realtà
autorganizzata che mantiene un solidissimo rapporto con la zona,
concretizzatosi in pub e luoghi che offrono servizi, come per esempio un asilo
autogestito o dei mercati biologici, reinvestendo in progetti sociali i
proventi del vendutissimo merchandising della tifoseria.
Una grande Amburgo in una grande Germania (1991-2001)
Ma
i tempi stavano cambiando velocemente, la ex-Germania Ovest del Marco si
candidava ad essere motore dell'unificazione d'Europa, la putrescente DDR
veniva fagocitata e gli anni '90 significavano per Amburgo non essere più un
porto a meno di quaranta km dalla Cortina di Ferro, ma poter diventare un polo
economico di primo piano in un mondo globalizzato.
La
città riscopriva su vasta scala la sua vocazione commerciale marittima, il suo
estro economico, specie nel settore delle tecnologie e dell'innovazione e la
sua appetibilità finanziaria.
Anche
per i movimenti sociali era cambiato tutto: il nazionalismo, la xenofobia e la
volontà di potenza della Germania unificata richiedevano nuovi gruppi e nuovi
approcci alla dimensione politica complessiva, qualcosa di ben diverso dai
vecchi autonomen delle occupazioni di case.
Una
nuova generazione, diversa e per certi versi in rottura con la precedente, si
faceva largo, strutturando la pratica militante e teorizzando un nuovo concetto
di antifascismo, definito rivoluzionario, quello delle autonomen antifa.
La
società tedesca mutava radicalmente sommando la modernizzazione e l'innovazione
dell'Ovest con il collasso sociale dell'Est, il tutto sotto lo guida, fino al
1999, della Cdu di Helmut Kohl, il nuovo padre della patria che prometteva una
Germania leader.
Il
tutto mentre, con la scusa dei milioni di disoccupati dell'est, si pianificava
la fine del generoso welfare state tedesco e il fuoco dei raid xenofobi di
Rostock forniva una ottima scusa ai cristianodemocratici per cancellare le
norme costituzionali sulla cittadinanza ed il diritto d'asilo per migranti.
Ma
ad Amburgo questa modernizzazione, come nell'intero Paese richiedeva rapidità e
polso: occorreva fare spazio a nuovi quartieri direzionali, estendere e
riorganizzare in fretta la logistica marittima per renderla adatta ad uno
volume di merci ma sostenuto prima.
Questa
sfida per l'Spd, rappresentava poi una vetrina del suo agire amministrativo da
contrapporre ad una Repubblica Federale a guida cristianodemocratica: la città
sulla foce dell'Elba doveva spiccare immediatamente il volo senza intoppi,
tutto doveva concorrere a questo progetto e in questo quadro occorreva anche
“dare una lezione definitiva agli occupanti abusivi”, come amava ripetere
l'ormai vecchio senatore Wagner.
Dopo
un nuovo braccio di ferro tra il 1992-1993 la situazione arrivò ad una fase di
stallo, che qualcuno provò a risolvere sbrigativamente, nel 1995, dando fuoco
alla Rote Flora; un maldestro tentativo, che si risolse con un'opera di
ricostruzione collettiva.
Alla
fine degli anni '90 il mondo delle occupazioni, certo in ranghi ridotti, aveva
guadagnato definitivamente il diritto di esistere e da allora restò, anche
negli anni più recenti, una delle tante piccole enclavi ribelli metropolitane
del Nord-Europa, in grado di intercettare le lotte sociali della città e di
sostenere una lenta ma continua politica di occupazioni e di vertenza sul
fronte abitativo, almeno nel distretto di Mitte.
L'ultimo
senato SPD nel 2001, dopo una lotta durata più di un decennio, mediò la vendita
della Rote Flora ad un palazzinaro locale, che promise pubblicamente che non
sarebbe stato toccata, riconoscendo il valore culturale e sociale di quella
esperienza politica.
Il Barone Beust e la città del futuro (gli anni 2000)
I
processi metropolitani e l'impatto con la dimensione economica globale aveva
modificato in profondità la città, in modo rapido ed ininterrotto: è in questa
fase che la net-economy sceglie Amburgo tra i suoi bastioni europei e che la
produzione cognitaria, più di quarantamila free-lance che lavorano nella
comunicazione, si affianca alla fortissima industria navale e meccanica.
Nella
Germania centro d'Europa del cancellierato socialdemocratico di Gerard Schröder
(1998-2005): se Francoforte è il luogo della Finanza, Berlino è il centro politico,
Monaco è il distretto industriale ricco e arrogante, Amburgo rappresenta,
invece, la spinta commerciale, con più di duemila imprese che si occupano di
import-export ed un comparto logistico che somma il porto ( nove milioni di
container vi transitano ogni anno dal 2006) all'essere il più grande snodo
ferroviario del Nord-Europa.
Logistica,
comunicazione, merci e internet, senza contare il terziario e l'altissimo
livello della ricerca scientifica: con un polo universitario altamente
specializzato e più di quaranta istituti di ricerca.
La
zona di Mitte e delle banchine della sponda nord dell'Elba, a meno di due km in
linea d'aria dal Municipio, diventava sempre di più un luogo attraversato da
dimensioni contrastanti: il centro della movida amburghese con la sua vasta
offerta di locali, una forte presenza di migranti, la libertaria Reeperbahn e i
tantissimi luoghi di sperimentazione culturale, in cui si inseriscono
pienamente i vecchi spazi autogestiti.
Amburgo
si scopriva metropoli europea e come tale ne sentiva le tensioni e le
contraddizioni.
Nel
2002, dopo voto controverso, la guida della città-stato anseatica cambiò
radicalmente di segno con la vittoria del chiacchieratissimo nobile ed
esponente della Cdu, Ole von Beust, leader di una coalizione che, oltre ai
cristianodemocratici annoverava anche i liberali e una nuova forza
conservatrice civica.
Nella
coalizione di governo, indispensabile per mantenere la maggioranza, figurava
infatti il Pro, un piccolo partito populista di destra amburghese, apertamente
ispirato all'esperienza del Fpö di Jorg Haider: una autentica novità.
Al
suo padre padrone Ronald Schill questa situazione frutto la poltrona di
vice-borgomastro e la delega alla sicurezza.
Proprio
la campagna elettorale “law and order” del Pro aveva riscosso un certo
successo, con grande scandalo: proprio nella “rossa Amburgo” la propaganda
securitaria e xenofoba trovava consensi; mentre il governo
socialdemocratico-verde di Schroeder e Fischer, era impegnato nella guerra in
Afghanistan e nella draconiana ristrutturazione della legislazione sul lavoro.
Inutile
dire che nell'Amburgo prefigurata da Schill non c'era spazio per le vecchie
occupazioni: il suo primo tentativo fu lo sgombero di Bambule, un villaggio
autogestito di caravan e case mobili, creato negli anni '90 su un lato
dell'Alter Elbpark di St. Pauli, famoso per il suo mercato biologico e per i
tecno-rave.
Ancora
una volta la reazione all'intervento manu militari della polizia riportò in
strada moltissime persone, con una grande solidarietà da parte del quartiere e
di altre realtà autonome nord-europee; ne seguirono scontri e azioni
comunicative. Dopo due anni di vertenza e di continua campagna per riottenere
uno spazio, anche lo sceriffo Schill, caduto in disgrazia per alcuni scandali
sessuali, dovette cedere e trovare un nuovo spazio per la cittadella di case
mobili.
I
prezzi degli alloggi andavano in parallelo con l'esponenziale sviluppo
economico cittadino e ne fece le spese anche Sternschanze, la zona della Rote
Flora, in cui decine di famiglie poco abbienti, per la maggior parte migranti,
si videro sfrattati o costretti a lasciare le loro abitazioni dall'innalzamento
dei canoni d'affitto o dalla decisione, improvvisa, di riqualificare gli
stabili.
Ne
seguirono grosse proteste e nel 2005 per la prima volta il borgomastro Ole von
Beust emanò temporaneamente il coprifuoco nella zona, per impedire altre
“occasioni caotiche”.
Io
cemento non andava disturbato. La speculazione immobiliare e la
riqualificazione dei quartieri fece impennare i prezzi e il mercato volò alle
stelle, mentre la comunità autonoma amburghese rispondeva a questa situazione
con vampate di rabbia che producevano scontri, spesso durante il primo Maggio.
Rosso mattone
Uscito
di scena, per ragioni personali, il Barone Beust, si chiuse la parentesi
conservatrice e l'Spd del liberista Olaf Scholz stravinse le elezioni del
febbraio 2011, conquistando la maggioranza. Si tornò all'antico regime, ma la
metropoli sull'Elba ha aggiunto un nuovo primato nazionale, quello della città
tedesca in cui costa di più la casa; primo posto, strappato ancora una volta
all'odiata e “bigotta” Monaco di Baviera.
I
soggetti più colpiti dal rincaro degli alloggi: studenti e migranti;
l'amministrazione Spd, per bocca della responsabile allo sviluppo Jutta
Blankau, smentisce l'emergenza-casa, ma i movimenti autonomi e Die Linke
denunciano la gravità della situazione.
Se
infatti negli anni '80 gli appartamenti di edilizia pubblica ad affitti sociali
(calmierati) erano circa quattrocentomila ora sono un quarto e di questi
seimila vengono venduti ogni anno dal SAGA a privati, a prezzo di mercato.
Ma
ad Amburgo si continua a costruire, mentre duemila appartamenti restano vuoti e
un milione quattrocentomila metri quadri di uffici sono inutilizzati, il 10%
dello spazio commerciale dell'intero territorio cittadino.
In
compenso da circa dieci anni le nuove occupazioni durano poche ore, grazie al
solerte intervento della polizia e anche la Rote Flora non è più intoccabile:
come ha spiegato, già un anno fa, all'Hamburger Morgenpost, Martin Kretschmer,
il piccolo 'immobiliarista yuppie, che ne è proprietario, improvvisamente dichiaratosi
“dispiaciuto ma costretto, dai debiti, a vendere il terreno su cui si trova il
centro sociale”.
Quasi
contemporaneamente, nel Giugno 2012, a Wandsbek, nella zona nord della città,
un corteo di circa un migliaio di neonazisti venne bloccato da barricate e
durissimi scontri tra antifascisti e polizia, che durarono tutto il pomeriggio
e la sera.
Ma
gli spazi sociali e le occupazioni non sono gli unici ad essere sgomberati con
false scuse per puro fine speculativo: nella rossa Amburgo capita anche che
caseggiati comunali che davano alloggio a rifugiati e richiedenti asilo (le
Esso-Häuser), con la scusa di “pericolose infiltrazioni d'acqua”, lo scorso
ottobre, siano stati evacuati.
Questo
ennesimo episodio si è saldato con le crescenti proteste per l'ampliamento del
diritto d'asilo e contro le espulsioni, che gruppi di migranti stanno portando
avanti proprio ad Amburgo e Berlino, con cortei settimanali, ogni mercoledì, e
proteste sempre più partecipate.
E
già negli scorsi mesi il collettivo “Lampedusa in Hamburg”, composto nel suo
nucleo originario da rifugiati provenienti dall'Africa nera, denunciava
controlli e fermi di polizia arbitrari verso migranti, a Mitte e sui mezzi
pubblici.
Zona Rossa
Si
arriva così al corteo in difesa della Rote Flora del 21 Dicembre 2013: più di
diecimila persone si radunano davanti al teatro occupato, ma nonostante il
tragitto del corteo sia autorizzato, la polizia in forza con l'uso di idranti,
manganelli e spray urticanti non permette lo svolgimento della manifestazione.
Ne
seguono duri scontri che impegnano centinaia di persone per ore.
La
polizia sotto accusa da parte delle opposizioni di sinistra si difende con
decine di perquisizioni e, notizia di questi giorni, il borgomastro Scholz
promulga il coprifuoco, fino a data da destinarsi, proprio nelle zone di St.
Pauli, Altona, Hohenfelde.
Un
atto legislativo drastico, utilizzato in Germania più volte, va detto, ma
sempre nell'immediatezza di un evento considerato “pericoloso” (come una
manifestazione di piazza o una partita di calcio a rischio incidenti); mai per
una zona urbana così grande e senza un limite di tempo dichiarato.
Sui
social network rimbalzano le foto di controlli all'uscita dei pub, di
identificazioni coatte o di autobus di linea usati per trasportare decine di
fermati, così come gli striscioni di protesta appesi sui palazzi o le
manifestazioni spontanee che violano i divieti.
Ancora
una volta il braccio di ferro si gioca nelle strade di Amburgo, sulla sponda
ribelle dell'Elba.