sabato 9 marzo 2013

Blocco sociale o voto di protesta?

di Toni Casano



il successo elettorale del movimento grillino non ha abbracciato soltanto il segmento sociale generazionale – i precari di prima generazione tra i 25 e i 40 anni- , bensì ha coagulato attorno ad esso un insieme di segmenti trasversali colpiti dalle politiche recessive imposte dalla troika, perlopiù rappresentativi di un ceto medio ormai declassato o in via di impoverimento


Chissà quante sperticate analisi si produrranno per spiegare il “fenomeno Grillo”. Ci si muove però ancora dentro il paradigma politologico della c.d. “seconda repubblica”. Infatti, secondo i canoni maturati negli ultimi vent’anni,  la fenomenologia del consenso passerebbe attraverso il rapporto diretto del leader con il popolo, così come si sarebbe realizzata quella costituzione materiale che con il premierato sostanziale avrebbe  posto in essere l’alternativa alla crisi della democrazia rappresentativa della prima repubblica. Insomma, da tempo oramai, a perdere o a vincere non sono più i blocchi sociali aggregati su progettualità ideali che in qualche modo rappresentavano la demarcazione del conflitto di classe post resistenziale.  
Dopo tangentopoli e la fine del sistema dei partiti dell’arco costituzionale, con il conseguente abbandono del proporzionalismo elettorale e l’introduzione progressiva del maggioritarismo bipolare, il rinnovamento della politica italiana - in nome di una modernizzazione liberata dagli equilibrismi coesistenziali imposti dagli assetti internazionali postbellici – veniva imperniato sulla stabilità governmentale, privilegiando la razionalità esecutiva posta al centro dell’ordinamento istituzionale, riducendo de facto a mera finzione giuridica la costituzione della repubblica parlamentare: le prerogative del potere legislativo dovevano piegarsi al decisionismo esecutivo di un premierato informale e aziendalistico manageriale. Tutto ciò veniva condito dalla presunta legittimazione della volontà espressa dall’elettorato attivo chiamato a trasferire, mediante un patto fiduciario diretto, la sovranità popolare nelle mani di “un uomo solo al comando” (come direbbero i vecchi cronisti dell’epopea ciclistica). Quanto detto, a scanso di equivoci, non è una critica indirizzata ad uno solo dei campi della contesa bipolare, ma al berlusconismo imperante fattosi sistema, da cui non è stato immune l’intero quadro politico istituzionale, ivi compreso il centrosinistra nelle sue varie esperienze coalizionali.
Ora il “fenomeno-Grillo”, a primo acchito, appare una vicenda politica che si inquadrerebbe nel solco del leaderismo personalistico, però con una variante anomala insormontabile che mina l’ideologia governamentalista: la tripolarizzazione del quadro istituzionale rappresentativo. Il bipolarismo sembrava essersi consolidato, sia pure in modo imperfetto, in funzione della governmentalità. Oggi il M5S ha dimostrato che non sono le operazioni di ingegneria elettoralistica  ad assicurare la stabilità, anche se si continua ad invocare da tutte le parti un “governo di scopo o del presidente” che nella sua agenda metta - in primo luogo- la riforma del vigente porcellum, con il malcelato intento di confinare ai margini dello spazio di rappresentanza ogni possibile futura espressione del c.d. “voto di protesta”, assicurando una governabilità certa dall’esito dei suffragi: v’è da scommettere che, dopo questa tornata, le probabilità di un doppio-turno maggioritario alla francese siano cresciute di molto rispetto anche ad un proporzionale irrobustito con un’alta soglia di sbarramento.
La questione su cui ci si deve interrogare è se, ben al di là del fenomeno-Grillo, il successo del M5S sia frutto di un voto di protesta o il portato di un nuovo blocco sociale.
Una prima osservazione da fare sull’analisi del voto è che mai nella storia della repubblica s’è registrata un’alta percentuale di consensi non mediati dallo scambio elettorale clientelare o ispirati dalle ideologie. Quindi siamo ben oltre la dimensione contenuta del voto di protesta, fisiologicamente ben presente nella storia elettoralistica patria. Certo possiamo pure immaginare che un comico di fama possa riempire le piazze, come se la gente andasse ad uno spettacolo offerto gratuitamente nel corso della festa del santo patrono, ma anche ai più accesi denigratori di Grillo è difficile spiegare le milionate di voti presi dal M5S con il successo di un canovaccio “cabarettistico”.
Interroghiamoci più seriamente invece sui temi posti dal movimento grillino in campagna elettorale, per esempio quello sul reddito di cittadinanza argomentato nei comizi di Grillo con la critica all’ideologia lavorista dominante, in una società dove si genera precarietà e disoccupazione di massa come condizione permanente di esclusione sociale. Mentre a sinistra, anche in quella più oppositiva, si propongono modelli novecenteschi vagheggianti piani di lavoro per una piena occupazione, i “grillini” più realisticamente immaginano la possibilità di un accesso al reddito non mediato dal rapporto salariale ( anche se nel programma è prevista una legge a tempo –triennale- finanziata con lo “storno” in primo luogo della spesa destinata agli armamenti, a cominciare dagli F35, e ai megaprogetti infrastrutturali). Ed ancora. La questione dell’alta velocità. Grazie ai “grillini” la lotta NoTAV è entrata nella campagna elettorale, così come è entrata con forza la lotta NoMuos condotta in Sicilia. In sostanza nella tribuna elettorale, dove solitamente i conflitti sociali vengono oscurati dalla politica-politicante, s’è ritornato a parlare delle lotte come in passato si parlava delle lotte operaie e contadine.
Allora, diciamolo chiaramente che una buonissima parte del programma-M5S è il terreno rivendicativo su cui si sono costituiti i movimenti antagonisti degli ultimi anni e che la sua base compositiva sociale ricorda da vicino quella stessa che ha dato origine alle acampadas spagnole.
Come aveva già rilevato il collettivo UniNomade nel pieno della campagna elettorale attorno ai grillini si sono concentrate le tensioni sociali generate dalla crisi, non a caso evidenziavano “che una parte qualitativamente consistente è formata da giovani ma non giovanissimi, tra i 25 e i 40 anni, perlopiù rappresentativi di un ceto medio ormai declassato o in via di impoverimento, che non trovano una corrispondenza tra titolo di studio e posizione occupata dentro il mercato del lavoro. Sono i precari di prima generazione, di cui esprimono alcune delle caratteristiche principali (dal rifiuto delle forme di rappresentanza tradizionali all’utilizzo innovativo della comunicazione)”.
L’apertura delle urne però ha dimostrato che il successo del M5S è andato oltre ogni previsione. Non ha abbracciato soltanto un segmento sociale generazionale, bensì ha coagulato un insieme di segmenti trasversali colpiti dalle politiche recessive imposte dalla troika. Crediamo non sia un azzardo richiamare l’analogia con SIRYZA, se non altro perché come in Grecia anche da noi la maggioranza della società italiana ha fatto sentire l’assoluta distanza dall’austerity europeista contro il sistema finanziario dominante. Infatti, sommando il 25% dell’astensionismo attivo e il 25% che ha votato M5S si sfiora la soglia della maggioranza del paese, senza contare il grande bacino elettorale che vota ancora “a sinistra” - soprattutto il PD - più per affetto ideologico residuale dell’eredità del PCI  ma che sicuramente ha ben altre aspettative rispetto alla sua classe dirigente sempre più prona  verso il liberal-neoliberismo. Siamo d’accordo con Bifo quando dice: “L’elettorato italiano ha detto: non pagheremo il debito. Insolvenza. La governance finanziarista d’Europa è finita, anche se Berlusconi e Bersani si metteranno d’accordo per sopravvivere e continuare a impoverire il paese spostando risorse verso il sistema finanziario. Non durerà” (L’anti-Europa è sconfitta, articolo ripreso anche Noteblock nella sua ultima newsletter).
La vera scommessa col grillismo si gioca tutta sul terreno della democrazia: la partecipazione massiccia ai comizi nelle piazze reali, come non si vedeva da anni, ha mostrato il bisogno di superare il limite di una sovranità mediatica espressa dall’agorà virtuale, dove la cittadinanza on line è de facto più una prerogativa dell’aristocrazia blogghista piuttosto che dalla gran massa di cittadini ancora troppo distanti dalla rete. Però la scelta politica di portare dentro la competizione elettorale quell’embrione di democrazia diretta, sperimentata sia pure virtualmente attraverso il blog, è stata tanto presa sul serio al punto tale da provocare un  cortocircuito dello spazio di rappresentanza delegata.
I richiami al senso di responsabilità del M5S, sul piano istituzionale, hanno una loro ratio formale ma che mal si coniugano con le pratiche partecipative invocate dai grillini, in nome delle quali buona parte del corpo sociale ha fatto confluire il consenso elettorale.
In sostanza non si può chiedere a Grillo alcuno impegno su una eventuale  alleanza governativa, giacché il punto di riferimento dell’azione parlamentare, così com’è sta accadendo all’Assemblea regionale siciliana, non è il quadro esecutivo istituzionale bensì il cittadino, al quale viene offerta tramite lo strumento della rappresentatività l’accesso al palazzo. Un rapporto siffatto non è semplice da concretizzare perché mancano nuovi spazi extraistituzionali altrettanto legittimati, più legati al territorio che al mondo virtuale, dove la modalità diretta di formazione delle scelte possa essere largamente condivisa e riversata nella spazio istituzionale della rappresentanza. In altri termini, manca quella sorte di legame virtuoso realizzatosi per esempio in Val di Susa,  che vede nelle assemblee della valle il vero soggetto politico decisionale, alle quali si conformano i deliberati ratificanti degli enti locali, i cui amministratori sono espressioni rappresentative di quel conflitto sociale in ragione della loro internità e non già in virtù di uno scambio politico che separa l’eletto dall’elettore.
Molto presto il M5S dovrà affrontare la questione di come poter uscire nell’impasse in cui si trova: da un lato, essere forza parlamentare decisiva nel quadro della democrazia delegata, dall’altro, voler essere forza strumentale di cambiamento al centro del quale v'è la partecipazione diretta del cittadino. Pur tuttavia si deve riconoscere che la soluzione non è un affare politico tutto interno al movimento grillino, ma investe complessivamente il quadro delle forze che ha portato M5S ad essere la prima forza politica del paese e che potrebbe divenire la costituente di un nuovo blocco sociale anticapitalista.